IL LIBRO SEGRETO
Autore: ADOLF HITLER
Traduzione pubblicata nel 1962.
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SOMMARIO
– Introduzione.
– PREFAZIONE
- La questione del Sud Tirolo.
- Cecità dei nazionalisti borghesi.
- L’Italia, non la Francia, come alleata auspicabile.
– CAPITOLO 1.
GUERRA E PACE
- La storia è la vicenda delle lotte per l’esistenza dei popoli.
- Guerra e pace come sistema per combattere queste lotte.
- Né una né l’altra dovrebbero essere l’unico mezzo.
- Troppe guerre sterminano l'élite.
- Troppa pace porta alla sottomissione e all’emigrazione.
– CAPITOLO 2. LA NECESSITÀ DI LOTTARE
- La conquista territoriale è necessaria per la sicurezza e il
sano sviluppo di un popolo.
- Moralità della conquista: nessuno è padrone di una determinata
parte della terra.
- Il controllo delle nascite è eugeneticamente errato.
- Il sistema spartano era logico.
- L’aumento della produzione non è utile alla competizione.
- Il commercio d’esportazione scompare quando le altre nazioni si
modernizzano.
- Necessità della lotta.
– CAPITOLO 3. RAZZA E VOLONTÀ NELLA LOTTA PER IL
POTERE
- Le armi a disposizione non danno la misura della forza
nazionale.
- La volontà nazionale è il fattore decisivo.
- Il vecchio esercito tedesco come fonte della volontà e della
disciplina del popolo.
- Il sangue e i valori popolari sono superiori all’atteggiamento
internazionale.
- La dittatura è superiore alla
democrazia di massa.
– CAPITOLO 4. ELEMENTI DI POLITICA ESTERA
- Bisogna imparare dal passato.
- Forgiare gli strumenti per passare a una fruttuosa politica
estera tedesca. - Le idee giuste non hanno valore se non vengono
messe in atto
- La Lega pangermanica.
- Necessità di osare.
- Le iniziative politiche pericolose devono essere prese senza
limitazioni.
- Spezzare la cerchia dei nemici della Germania.
– CAPITOLO 5. POLITICA ESTERA NAZIONAL SOCIALISTA
- L’NSDAP è socialista e nazionalista.
- I nazionalisti borghesi mirano a ristabilire le frontiere
germaniche di prima della guerra.
- La politica estere dell’NSDAP mira all’espansione territoriale
e a radunare i tedeschi sotto la sovranità germanica.
- Il popolo come base della politica.
– CAPITOLO 6. NECESSITÀ E SCOPI DELLA GERMANIA
- Bisogno di alleanze per raggiungere gli scopi germanici.
- I confini germanici sono insoddisfacenti economicamente e
militarmente.
- Necessità del Lebensraum.
– CAPITOLO 7. POLITICA DEL SECONDO REICH
- Mancanza di scopi nazionali dopo Bismarck.
- La democrazia è responsabile dell’errore.
- Gli scopi avrebbero dovuto essere quelli di annettere le zone
germaniche dell’Europa.
- Inettitudine dell’impero asburgico.
- La parte germanica del Sud Tirolo sarebbe oggi territorio
germanico se fosse stata seguita una politica territoriale.
- I centri cattolici e i social democratici ebraici hanno
impedito la politica territoriale.
- Inutilità della Triplice Alleanza per la Germania.
- Distruzione del germanesimo nell’Austria Ungheria.
- Arroganza cecoslovacca.
- Fu un errore non concedere appoggio all’Italia per Tripoli.
- L’Italia non può opporsi all’Inghilterra.
- L’Austria soltanto ha tratto vantaggio dalla triplice
alleanza.
- La politica coloniale germanica errata ha condotto al
conflitto con l’Inghilterra.
- La Russia è la zona adatta all’espansione germanica.
– CAPITOLO 8. POTERE
MILITARE E FALLACIA DELLA RESTAURAZIONE DEI CONFINI
- Assenza di scopi germanici nella guerra mondiale.
- Lo scopo avrebbe dovuto essere territoriale: terra ai contadini combattenti.
- Declino del “vecchio” esercito.
- Deficienze dell’esercito mercenario di oggi.
- Bismarck e la guerra preventiva.
- Livello territoriale germanico come doppia potenza.
- L’America ha spostato l’equilibrio delle potenze.
- La Reichswehr trasformata in forza di polizia interna.
- Necessità di uno spirito nazionalistico.
- Esercito e popolo devono essere vicini.
- La politica di restaurazione dei confini precipita nella
coalizione delle nazioni vincitrici.
- Scopo insoddisfacente.
- Vuoti discorsi di “onore nazionale” dei patrioti di birreria.
- I criminali di novembre.
– CAPITOLO 9. NESSUNA SPERANZA DA UNA SOLUZIONE
ECONOMICA.
- Oggi la Germani è impotente a difendere il proprio onore e i
propri confini.
- L’aumento della produzione non è una soluzione.
- L’Inghilterra non tollererebbe una concorrenza commerciale.
- L’emigrazione non è una soluzione.
- Le quote americane di immigrazione.
- Il paneuropeismo non è una soluzione perché porta alla perdita
dei valori popolari.
- I valori americani si basano su
gruppi predominanti della stessa razza.
– CAPITOLO 10. NECESSITÀ DI UN’ATTIVITÀ POLITICA
ESTERA.
- La neutralità come politica vuol dire che un’altra nazione
vince.
- Auspicabilità di una azione.
- Inutilità della Lega delle Nazioni.
- La potenza americana è il risultato dell’intervento nella
guerra mondiale.
- L’Italia giustificata per il suo abbandono della Triplice
Alleanza.
– CAPITOLO 11.
GERMANIA E RUSSIA.
- Le alleanze franco-russa e anglo-francese assediano la
Germania.
- Confini germanici non difendibili.
- Vulnerabilità delle città tedesche agli attacchi aerei.
- L’alleanza con la Russia sarebbe catastrofica.
- La Francia è sempre il nemico.
- Lo scopo della Russia sovietica è l’avvelenamento della
Germania.
- Gli ebrei hanno distrutto il nazionalismo russo.
- L’alleanza russo-germanica vorrebbe dire l’invasione della
Germania da Occidente senza aiuti dalla Russia.
- L’alleanza con la Russia impedirebbe l’espansione germanica
attraverso la conquista di territori russi.
- Gli slavi non hanno la capacità di “formare stati”.
- Gli ebrei dominano la Russia.
– CAPITOLO 12.
POLITICA ESTERA GERMANICA.
- Otto principi.
– CAPITOLO 13. SCOPI
DELLA GERMANIA.
- L’inazione è pericolosa.
- La pacifica espansione
economica non è una soluzione.
- La politica di restaurazione dei confini è futile.
- Necessità di una politica popolare territoriale.
– CAPITOLO 14. L’INGHILTERRA COME ALLEATA.
- Valori razziali inglesi.
- Colonie.
- L’Inghilterra non è ostile al potere continentale ma è ostile
ai rivali commerciali e navali.
- Guglielmo II sprecò le risorse nella flotta germanica.
- Avrebbe potuto stabilire un accordo con l’Inghilterra.
- Oggi l’Inghilterra è minacciata dalla Francia sul continente,
dall’America sui mari e dalla Russia in Asia.
- L’ebraismo è un pericolo per un’alleanza anglo-germanica.
– CAPITOLO 15. L’ITALIA COME ALLEATA.
- L’Italia ha vantaggi come alleata germanica.
- Mussolini e i valori razziali.
- Bisogna dimenticare l’Italia come nemica nella guerra
mondiale.
- L’Italia è nemica naturale della Francia e alleata naturale
dell’Inghilterra.
- La Germania avrebbe dovuto anche abbandonare
l’Austria-Ungheria.
- Cecità dei nazionalisti borghesi ostili all’Italia e a
Mussolini.
- Sud Tirolo.
- Gli ebrei usano il Tirolo come mezzo per creare ostilità tra
Germania e Italia.
- I tedeschi dell’Alsazia, della Polonia eccetera, sono
importanti come quelli del Sud Tirolo.
- Consiglio a Mussolini.
- I veri colpevoli per quel che riguarda il Sud Tirolo.
- L’articolo di William J. Flynn sulla stupidità di Von
Bernstorff.
– CAPITOLO 16. RIASSUNTO.
- L’Italia come alleata della Germania.
- L’Inghilterra e forse l’Ungheria e la Spagna come alleate
della Germania.
- Gli ebrei responsabili della sconfitta germanica nella guerra
mondiale.
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INTRODUZIONE
“La politica è la fabbricazione della
storia”, dichiarò Adolf Hitler nel 1928, quando incominciò a
dettare il primo capitolo di quest’opera a Max Amann. Anche se il
pensiero non era certo originale, nessun altro aveva miglior
diritto di enunciarlo, per quanto poco ci si rendesse conto al
momento di questo fatto. Alcuni anni dopo la politica di Hitler
era diventata l’essenza di un’epoca storica, nelle cui conseguenze
l’umanità annaspa ancora oggi.
Questo scritto scomparso da tanto tempo è
il secondo libro di Hitler o meglio, se vogliamo contare
separatamente i due volumi di Mein Kampf,
è il terzo. Nell’insieme è un’elaborazione delle idee sulla
politica estera tedesca come furono espresse nel secondo volume
del Mein Kampf; negli avvenimenti
politici dell’ultima parte degli anni Venti troviamo le ragioni
per le quali questo libro è stato scritto e anche la spiegazione
della sua eliminazione da parte dell’autore.
Come è risaputo, Hitler scrisse la maggior parte del primo volume
del Mein Kampf nella prigione di Landsberg-am-Lech dov’era recluso
dopo il fallito Putsch della
birreria di Monaco, nel novembre del 1923. Hitler ben presto
incominciò a dettare ai suoi accoliti, Emil Maurice e Rudolf Hess,
che si trovavano in prigione con lui. Nel dicembre 1924 venne
messo in libertà vigilata e immediatamente si accinse a
ricostruire il partito nazista. Ma il suo violento discorso di
Monaco, il 27 febbraio 1925, fece sì che le autorità gli
vietassero di prendere parola in pubblico. Questa proibizione
limitò un poco le sue attività politiche, ma gli diede più tempo
per riflettere e per dettare a Hess. Il primo volume del Mein Kampf fu pubblicato nell’autunno del
1925 e il secondo nel dicembre del 1926.
dal punto di vista commerciale il libro non fu assolutamente un
immediato successo commerciale. Max Amann, capo della Eher Verlag
(la casa editrice che pubblico il Mein
Kampf), proclamò di averne venduto 23.000 copie durante
il primo anno, ma si sa ora che le copie veramente vendute nel
1925 furono meno di 10.000, meno di 7.000 nel 1926, appena 5.600
nel 1927 e soltanto 3.015 nel 1928. Pomposo nello stile ed
esasperante per le sue ripetizioni, il libro conteneva ben poche
notizie sul Putsch della birreria e
sulle altre pittoresche avventure che,
nella speranza di Amann, avrebbero potuto interessare i lettori.
Perché Hitler ritentò l’impresa come scrittore, meno di due anni
dopo aver terminato Mein Kampf? Troviamo la risposta nella lenta diffusione del movimento nazista durante l’ultima parte
degli anni Venti, e nella natura delle critiche che i suoi
insegnamenti provocavano da parte di quelli che Hitler chiamava
circoli “borghesi nazionali” (burgerlich
nationalen).
Tra la nascita del Mein Kampf nel 1924 e la primavera del 1928,
in Germania erano accadute molte cose. Friedrich Ebert, primo
presidente delle Repubblica di Weimar, era morto all’inizio del
1925 e il suo successore era il venerando e venerato eroe e
simbolo dell’ancien regime, Paul von Hindenburg. La politica di
riconciliazione di Gustav Streseman aveva dato i suoi frutti col Patto di Locarno, con la fine della
Commissione interalleata di controllo, con la graduale
evacuazione alleata dalla Renania e con l’ammissione della
Germania alla Lega delle Nazioni. La disastrosa inflazione
monetaria del 1923 aveva fatto il suo corso e la Germania
attraversava quel breve momento di prosperità e di bonarietà che
doveva finire nel 1929. durante questi anni la vita era
tollerabile per la maggior parte dei tedeschi e bella per molti,
e di conseguenza le cose andavano male per le fortune politiche
di Adolf Hitler e per il partito nazista.
Però, anche se questo fu un periodo
di magra per lui, Hitler non sprecava certo il suo tempo. Al
contrario stava creando rivalità di partiti attivamente e con
successo, consolidava il proprio controllo e riorganizzava la
struttura del suo partito. Aveva abbandonato l’idea di
impadronirsi del potere con un vero e proprio Putsch, e aveva
impegnato il partito in una attività strategica di propaganda e
di pressione, allo scopo di ottenere il successo nelle elezioni.
Nonostante la scarsità di scontento popolare sul quale far leva,
il numero dei membri del partito nazista salì dai 17.000 del
1926 ai 40.000 del 1927. Nelle elezioni del maggio 1928 il
partito ottenne 850.000 voti su 30 milioni e più di votanti e si
guadagnò 12 dei 491 seggi al Reichstag.
Era un inizio, ma non molto di più, e nel 1928 Hitler era
profondamente preoccupato per l’evidente scarso successo
popolare del suo partito. Poiché
il partito era antisemitico e nazionalista, Hitler sapeva (come
dice nella prefazione a questo libro) che sarebbe riuscito a
fare ben poca impressione “su coloro che, in conseguenza del
loro atteggiamento filosofico e politico, mi consideravano già
come il loro più violento nemico”, e senza dubbio intendeva i
comunisti, i social democratici e i moderati del centro
cattolico.
Ma Hitler era convinto, e a ragione, come avrebbero ben presto
dimostrato gli eventi, che fosse possibile trovare una strada
più efficacemente attraente per i circoli conservatori, danarosi
e nazionalisti. Poiché il suo partito era “socialista” e
continuava, almeno a parole, a sostenere una politica economica
favorevole agli “operai”, il suo appello, per essere bene
accolto dai conservatori, doveva trattare genericamente di
politica estera. Questo spiega il contenuto ed il peso del
libro.
Anche se politicamente calcolato, questo atteggiamento era del
tutto sincero. Qualsiasi fossero gli altri suoi difetti, Hitler
non si sottovalutava mai, teneva in massima considerazione la
propria abilità come uomo di Stato e su di essa concentrava i
pensieri e le energie. Proprio per questa ragione gli attacchi
dei “borghesi nazionali” al suo programma di politica estera
erano quelli che maggiormente rendevano furioso Hitler. Quelli
erano uomini, così egli pensava, che condividevano molti dei
suoi stessi scopi patriottici ed espansionistici. Com’era
infernale la loro stupidità nel non seguire le loro iniziative!
Più dettava più si infuriava, e così il libro diventò
rapidamente una feroce denuncia proprio di quei circoli ai quali
il suo appello era rivolto.
Nel 1928 la questione del Sud Tirolo, era una spina
particolarmente dolorosa nella carne nazista. All’inizio degli
anni venti l’atteggiamento del governo italiano verso la
popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige era stato
abbastanza liberale. Ma con l’avvento di Mussolini e del
fascismo, venne adottato un programma repressivo di
italianizzazione, e come reazione, un’ondata di “irredentismo”
austriaco si sollevò non soltanto in quella zona e nel Sud
Tirolo, ma anche in Germania. I sentimenti anti-italiani erano
particolarmente forti in Baviera, dove nacque un movimento di
boicottaggio delle merci italiane. Nel febbraio del 1926
Mussolini fece un vigoroso discorso, denunciando i suoi critici
tedeschi e minacciando rappresaglie.
Due anni dopo vi fu una
recrudescenza di ostilità, perché la lingua italiana venne
introdotta nel Sud Tirolo per l’istruzione religiosa. Un
discorso molto pungente del cancelliere austriaco (Ignaz Seipel)
provocò il richiamo del ministro plenipotenziario italiano a
Vienna da parte di Mussolini. Nel marzo del 1928 questi
avvenimenti provocarono dibattiti pubblici e diffusi commenti
della stampa in Germania.
Tutto questo metteva Hitler in una
situazione difficile. Nel Mein
Kampf aveva cantato le lodi di
Mussolini e sostenuto una politica di stretta alleanza germanica
con l’Italia e anche con l’Inghilterra. E sempre nel Mein Kampf si era
dato una gran pena per spiegare che la faccenda del Sud Tirolo
era soltanto un “trucco ebraico” escogitato con lo scopo
specifico di denigrare Mussolini e impedire una rappochement
italo-germanico. Però le acque non si calmarono e nel 1927
Hitler venne duramente attaccato in una lettera aperta della
“Società Popolare Germanica per il Sud Tirolo”.
Inutile dirlo, per Hitler fu doppiamente irritante essere
attaccato da parte “popolare” e nazionalista come “molle” in una
faccenda dell’irredentismo germanico. Questa storia continuava a
ricomparire nei momenti più impensati; la controversia
Mussolini-Seipel scoppiò poco dopo le elezioni tedesche del 20
maggio 1928. Hitler parlò a Monaco, il 19 maggio, e ripeté
l’accusa contro gli ebrei e i marxisti che sfruttavano il
problema del Sud Tirolo. Il giorno dopo (quello delle elezioni)
i social democratici di Monaco distribuirono manifestini nei
quali accusavano Hitler e l’ex generale Franz Ritter von Epp
(candidato nazista al Reichstag) di aver accettato l’aiuto
finanziario di Mussolini come ricompensa per il loro
atteggiamento nella questione del Sud Tirolo.
Considerando tutte queste cose, la continua preoccupazione di
Hitler per questa faccenda è comprensibile. È dimostrato che il libro è stato scritto tra
la fine della primavera e l’inizio dell’estate 1928. Il Sud
Tirolo viene nominato nella terza frase della prefazione; se ne
parla in tutto il libro ed è argomento di larga discussione nel
penultimo capitolo, che arriva al vertice della sua denuncia
nell’elaborato elenco di coloro i quali, secondo Hitler, erano i
veri colpevoli del “tradimento” del Sud Tirolo.
Possiamo dire senza timore di sbagliare che il problema del Sud
Tirolo fu la causa immediata che spinse Hitler a scrivere questo
libro. Ma naturalmente non fu l’unica. In Germania, con la
prosperità, i problemi interni economici e sociali avevano
perduto un po’ della loro importanza. Nel 1927 e nel 1928 le
prime pagine dei giornali discutevano di questioni quali le
riparazioni tedesche, il patto di “pace” Kellogg-Briand, i
diritti delle minoranze tedesche in altri paesi e i rapporti
tedeschi con l’Unione Sovietica. La politica di Stresemann e i
suoi rapporti con Aristide Briand spingevano la Germania verso
“l’internazionalismo” e la decisione di seppellire l’ascia nei
confronti della Francia; il trattato di Berlino (firmato da
Stresemann e da Krestinski nell’aprile del 1924) confermava la
politica amichevole nei confronti dell’Unione Sovietica
stabilita nel trattato di Rapallo.
Hitler era violentemente ostile a
tutte e due queste tendenze. Per Hitler la Francia era
un’implacabile nemica, la Russia la terra promessa per il Lebensraum tedesco
e l’internazionalismo ginevrino un trucco e un’illusione
insieme. Alleandosi con l’Inghilterra e con l’Italia, la
Germania avrebbe potuto riguadagnare la sua forza e imbarcarsi
in un programma di conquiste territoriali vi et armis.
Questo libro è stato scritto per esporre tali idee e conquistare
l’appoggio dei circoli “nazionalisti”.
E allora perché non è mai stato pubblicato? Qui siamo nel campo
delle supposizioni. È dimostrato che Hitler dettò almeno una
parte dell’opera nel maggio del 1928, e una parte di essa è identica a un discorso
pronunciato da Hitler a Berlino, il
13 luglio 1928. il dattiloscritto sembra una prima stesura,
dettata direttamente dalla dattilografia, e le correzioni
dattiloscritte sembrano apportate contemporaneamente alla
dettatura. L’originale del Mein
Kampf venne corretto e modificato
prima della pubblicazione. In questo caso invece mancano tracce
di correzione e di revisione e si può perciò pensare che
quest’opera sia stata messa da parte dopo essere stata
pubblicata.
Altre notizie sulle circostanze del momento sono state fornite
da un certo Josef Berg, ex impiegato della casa editrice
nazista, Eher Verlag. Secondo Berg, Hitler dettò il testo
direttamente a Max Amann e ne vennero fatte due copie, delle quali soltanto una è
stata ritrovata. Hitler diede ordine severissimo che l’opera
fosse mantenuta segreta e nel 1935 Berg mise il dattiloscritto
in un rifugio antiaereo. Nel 1945 il documento venne sequestrato
a Berg da un ufficiale americano, per poi rimanere nascosto
nella montagna di documenti tedeschi sequestrati, dal 1945 al
momento in cui venne ritrovato ed identificato, nel 1958.
Il fatto che, come dice Berg, Hitler
abbia ordinato di nascondere quest’opera, sembra molto
probabile, perché si sa di un solo accenno in proposito fatto
dal suo autore. In uno dei molti monologhi pronunciati nel suo
quartier generale sul fronte orientale, il 7 febbraio 1942
Hitler osservò: “Nel 1925 scrissi in Mein Kampf (e
anche in un libro non pubblicato) che il giudaismo mondiale
vedeva nel Giappone un nemico al di là della sua portata”.
È probabile che la ragione per la
quale Hitler abbandonò decisamente il prodotto del suo cervello
fosse commerciale. Come abbiamo già visto, Mein Kampf non si
vendeva molto bene; e il 1928 fu veramente l’anno peggiore sul
mercato. Max Amann era un uomo abile negli affari e molto
probabilmente non contemplava con entusiasmo l’idea di laniare
questa lunga diatriba, senza parti narrative per alleggerirne la
noia, soprattutto perché Mein Kampf si vendeva così poco.
Questi fatti possono spiegare molto bene perché il libro non fu
pubblicato, ma non ne spiegano il suo seppellimento segreto.
Probabilmente la ragione per la quale fu nascosto si ritrova
negli avvenimenti politici che seguirono. Il documento
sopravvisse di molto ai suoi scopi come erano concepiti
inizialmente.
La controversia del Sud Tirolo si calmò durante l’estate del
1928 e Hitler molto probabilmente pensò che sarebbe stato peggio
che inutile trascinare la discussione su un problema nei cui
confronti lui stesso e il suo partito erano sulle difensive. Ben
presto si presentarono nuovi problemi, come il nuovo piano per i
futuri pagamenti delle riparazioni tedesche, che richiedevano la
revisione del testo, ormai superato.
E forse, ragione più importante, Hitler incominciò ad ottenere
l’appoggio proprio di quei circoli “borghesi nazionali” che
venivano così ferocemente condannati nel libro. Evidentemente
Hitler aveva ben altre cose da fare che non dedicarsi alla
revisione del testo e nello spazio di pochi anni arrivò al
potere e non ebbe più bisogno di libri per i suoi scopi
finanziari e politici. E così il dattiloscritto scomparve negli
archivi segreti dai quali è stato ora riesumato dalla tenacia e
dalla curiosità degli studiosi.
A questo punto rimane da valutare l’opera come documento
storico.
Non contiene nessun nuovo importante
argomento ed è logico, poiché fu evidentemente concepito allo
scopo di riaffermare ed elaborare gli insegnamenti di politica
estera contenuti in Mein Kampf. Di fronte alle esigenze pratiche della
politica di Stato, Hitler poteva modificare, correggere e
capovolgere il suo atteggiamento, come fece nel suo patto del
1939 con Stalin e come fece, in modo meno sensazionale,
nascondendo questo libro. Ma il suo scopo nel compilarlo era di
riaffermare quel che aveva già detto, edè perciò naturale che
tutti i punti più importanti delle sue dichiarazioni in questo
libro si trovino anche in Mein
Kampf.
Tuttavia questo libro non è soltanto una ripetizione degli
scritti anteriori, ed è nei particolari, nelle spiegazioni e
nelle sfumature che sta il suo principale valore storico. Sono
particolarmente interessanti le discussioni sulla Russia, sugli
Stati Uniti d’America e sull’esercito tedesco.
Le considerazioni sulla Russia sono
specialmente significative per quello che Hitler non dice. La
collaborazione militare e diplomatica con l’Unione Sovietica era
stata una parte fondamentale della politica del generale Von
Seeckt fin dal 1920, e nel 1922 venne manifestata apertamente
nel Trattato di Rapallo. Nella massima segretezza Seeckt iniziò
poi lo sfruttamento dei rapporti amichevoli per varie imprese
militari che in base al Trattato di Versailles non potevano
essere eseguite in Germania. In Russia vennero istituite scuole
per l’addestramento di piloti e di carristi e una marea di
ufficiali tedeschi andò nell’Unione Sovietica per imparare l’uso
di queste e di altre armi vietate nel Trattato di Versailles.
Nel dicembre del 1926, mentre compariva il secondo volume di Mein Kampf,
Philip Scheidemann, social democratico, fece un discorso al
Reichstag denunciando molte di queste attività segrete e
attaccando violentemente la Reichswehr. I deputati nazionalisti denunciarono
Scheidemann come traditore e lasciarono l’aula in massa. Durante
tutto il 1927 le attività clandestine per il riarmo della Reichswehr
rimasero in discussione, e nel gennaio del 1928 provocarono le
dimissioni di Otto Gessler da Ministro della Difesa.
Questi avvenimenti devono essere stati di un interessa
appassionante per Hitler, e tuttavia in questo libro non se ne
fa cenno. Ma non occorre andar lontano per trovarne la ragione.
Come nazionalista e supercritico di Versailles, Hitler non
poteva certamente allearsi con Scheidemann o aderire alla
denuncia dei liberali nei confronti dello sfruttamento militare
segreto dei rapporti con la Russia. Tuttavia l’atteggiamento
della Russia era in netto contrasto con le violente invettive di
Hitler contro i “bolscevichi giudaici” e con la sua scelta della
Russia come campo per le future conquiste della Germania.
Questi fatti senza dubbio spiegano
la voluta delicatezza di Hitler nell’affrontare la questione
russa, come quando dice: “Tra noi, in Germania, ancora oggi vi
sono uomini di buona volontà e di coscienza nazionale che
credono in tutta sincerità nella necessità di una nostra
associazione con la Russia”. E spiegano anche le strane e
contorte caratteristiche degli argomenti usati da Hitler.
Questi argomenti culminano nel
fantastico brano nel quale Hitler
sostiene la teoria che “la Russia di oggi non è affatto uno
stato anticapitalista” ma “un paese che ha distrutto la propria
economia nazionale… allo scopo di dare al capitale
internazionale la possibilità di un controllo assoluto”. A
quanto sembra, secondo il punto di vista di Hitler, gli ebrei
che, sempre secondo Hitler, governavano la Russia, avevano
creato di proposito un vuoto economico nel quale il “capitale
finanziario internazionale” controllato dagli ebrei poteva
inserirsi e, per mezzo di prestiti, concessioni economiche e
supervisione internazionale, fare in modo che l’economia russa
cadesse sotto il controllo internazionale. I circoli governativi
in Russia, concludeva Hitler, potevano avere soltanto uno scopo
in Germania: “continuare l’avvelenamento bolscevico” e
ottenere”il completo controllo ebraico in Germania, proprio come
in Russia”.
Anche considerando la possibilità che gli ebrei fossero “espulsi” dal regime russo e sostituiti
da un “elemento nazionale russo”, Hitler continuava a non
trovare nulla che potesse
raccomandare un’alleanza russo-tedesca. La Russia, egli pensava,
non poteva rappresentare un aiuto militare nel caso che la
Francia attaccasse la Germania, giudizio che non coincide certo
con la sua precedente analisi del potere della Francia, a suo
dire basato in parte sulle sue alleanze con la Polonia e con la
Cecoslovacchia che “soffocavano” la Germania.
Però la sua teoria, e cioè che “gli slavi mancano di forze atte
a formare uno Stato”, è più fondamentale. La passata grandezza
russa era opera dei tedeschi del Baltico, dichiarava Hitler, e
un regime nazionale veramente slavo in Russia avrebbe ben presto
finito “per soccombere alla disintegrazione come Stato”.
Anche se queste idee appaiono strane alla luce dei fatti, nel
1961, non mancavano di un certo fascino per i borghesi tedeschi
del 1927, molti dei quali erano convinti che gli slavi fossero
un popolo inferiore e avevano ascoltato grandi studiosi come
Treitschke dichiarare che “ogni
dragone che colpisce un croato fa per la causa tedesca molto più
di quanto non faccia la miglior mente politica che abbia mai
brandito una penna decisa”.
Le osservazioni sull’esercito tedesco sono meno volute e più
rivelatrici della natura sociale di Hitler. Spesso è stato detto
che Hitler provava odio e diffidenza per il carattere
aristocratico e ascetico del corpo degli ufficiali tedeschi, ma
questo non è vero. In Mein Kampf cantava le lodi dell’esercito imperiale, “una
istituzione unica” che era “la
scuola più possente della nazione tedesca”, alla quale il popolo
tedesco doveva “tutto”.
In questo libro ne parla sullo stesso tono e il “vecchio”
esercito viene definito “la più splendida (grandioseste)
organizzazione del mondo” e “vivaio” di tutte le virtù
germaniche. In questo caso però abbiamo severe condanne della
“corrosione” che dilaga, provocata dal matrimonio di “ufficiali,
persino di nobile lignaggio” con “ebree, persino figlie di
negozianti”.
Più oltre la Reichswehr è
descritta come “esercito mercenario… sceso al livello di
polizia, armata di speciali armi tecniche”.
Questa ultima osservazione rivela il risentimento che Hitler
provava contro la Reichswehr per la parte da essa rappresentata nella
repressione del suo Putsch del 1923, e prelude alla sua
fermezza, una volta arrivato al potere, nell’escludere la Wehrmacht dalle
attività politiche, affidate alle SS e alla Gestapo di Heinrich
Himmler. Queste frasi rivelano inoltre che Hitler non
disprezzava, ma invidiava il nobile lignaggio e l’educazione
aristocratica e che in seguito rimbrottò gli ufficiali non
perché erano troppo simili a quel che egli immaginava fossero
stati ai tempi di Moltke e di Schlieffen, ma perché lo erano
troppo poco.
Gli Stati Uniti d’America appaiono in queste pagine sotto una
luce molto più favorevole che non in qualsiasi altra
dichiarazione nota di Hitler. In Mein
Kampf li aveva descritti come “un
gigantesco colosso di Stati con un’enorme ricchezza nel suo
suolo vergine”. In questo libro, mentre discute contro il
“paneuropeismo”, rende omaggio all’America in termini razziali,
come paese che “sente di essere uno Stato nordico germanico e
non certamente un miscuglio internazionale di popoli”. Il
crescente potere dell’America è qui il fattore sul quale Hitler
conta soprattutto, perché agisca come stimolo per un’alleanza
britannica con la Germania. Ben diversi furono i suoi commenti
dopo Pearl Harbor, quando descrisse l’America come “un paese decadente” senza “un avvenire”, “per metà
giudaicizzato e per l’altra metà negrificato”.
È logico che le parti più interessanti di quest’opera trattino di questi tre argomenti, perché la Wehrmacht, la
Russia e gli Stati Uniti furono le cause dei più sensazionali
errori di Hitler, fatali alle fortune del Terzo Reich.
Il corpo degli ufficiali tedeschi era probabilmente l’unico
gruppo che avrebbe potuto far precipitare Hitler dopo la sua
ascesa al potere. Non lo fece, e alla fine fu Hitler a spezzare
la forza e lo spirito di quel corpo. Corruppe e terrorizzò i suoi capi a un punto
tale da minarne gravemente le capacità strategiche, e poi
assegnò alla Wehrmacht compiti (guerra in Gran Bretagne e in Africa)
e la trascinò in campagne (la battagli della Gran Bretagna e la
guerra nel deserto) per i quali essa non aveva la potenza navale
e aerea necessaria al successo.
Hitler attaccò la Russia non tanto per procurarsi il suo Lebensraum
apertamente desiderato, quanto perché era l’unico bersaglio alla
portata del suo esercito e sperava che la disfatta russa avrebbe
scoraggiato gli inglesi e li avrebbe costretti a scendere a
patti. Sbagliò completamente a giudicare il nuovo nemico, perché
credette debolezza quel che era forza e perché agì ancora
nell’errata convinzione, espressa in queste pagine, che gli
slavi non possono costruire uno Stato. E invece lo Stato
sovietico si dimostrò solido anche quando le sue truppe furono
circondate e decimate o respinte verso l’interno. Una illuminata politica di occupazione forse
avrebbe potuto rappresentare l’arma più efficace della Germania
contro il regime sovietico, ma anche questa possibilità venne a
meno a causa della mitologia nazista. Alla fine Hitler si trovò
con la maggior parte della sua arma più efficace, l’esercito,
impegnata a fondo in Russia, mentre gli altri nemici univano le
forze per assalirlo a ovest.
In tutti i suoi scritti di quell’epoca, negli anni Venti, Hitler
condanna i capi della Germania imperiale dopo Bismarck per
essersi legati in un’alleanza peggio che inutile con
l’Austria-Ungheria e per aver osteggiato inutilmente la Gran
Bretagna. Però Hitler aveva una straordinaria tendenza a
ripetere, come uomo di Stato, gli errori che sottolineava in
tono tanto caustico come storico. Quante volte Hitler dice qui
che l’Italia non poteva permettersi il conflitto con la Gran
Bretagna? Eppure nel 1940 Hitler affrontò l’Inghilterra proprio
con questa alleata, l’Italia, che avrebbe fatto uso delle
risorse tedesche senza contribuire in nessun modo alle campagne
decisive. Quante volte Hitler inveì contro la stupidità di
coloro che avevano trascinato la Germania in una guerra su due
fronti, tanto lunga che il “colosso” americano aveva finito per
unirsi ai nemici della Germania? E fu proprio così che il Terzo
Reich arrivò alla sua sanguinosa, disastrosa fine.
Per questa ragione, se lo si legge alla luce dei fatti avvenuti
negli anni seguenti, il libro che Hitler scrisse nel 1928
apparirà interessante per qualsiasi lettore e non soltanto per
gli studiosi. Hitler non era un uomo saggio e gli mancavano
l’energia, la stabilità e la capacità di concentrazione
necessarie a raggiungere i suoi scopi. Ma benché contorta, la
sua capacità di vedere era penetrante; al di là dei discorsi e
dei titoli, riusciva a vedere cause e rapporti che altri non
vedevano. Forse più di ogni altro uomo in questo secolo, Hitler
riuscì a trasformare i suoi pensieri in avvenimenti e perciò
questa raccolta dei suoi pensieri nell’anno precedente la sua
salita al potere, possiede un fascino e un interesse
particolari.
T.T.
– – –
La
parte del Tirolo a sud dei passi alpini, che abbraccia la zona
prevalentemente di lingua tedesca intorno a Bolzano, nota come
Alto Adige, e più a sud il Trentino, di lingua italiana. Le due
zone erano state sotto il dominio austriaco del Congresso di
Vienna del 1815 fino al 1919, quando l’intero Sud Tirolo venne
dato all’Italia in virtù del trattato di Saint Germain. La
popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige ammontava a circa
215.000 persone.
Fedele
ai suoi principi dichiarati, quando Hitler andò al potere concluse
l’Anschluss con l’Austria e, come
parte del prezzo, rinunciò alle pretese tedesche sul Sud Tirolo,
dichiarando a Mussolini che il passo del Brennero avrebbe
continuato a segnare il confine tra Germania e Italia. In seguito
i due dittatori cercarono di comune accordo di risolvere il
problema incoraggiando l’emigrazione dei tedeschi dall’Alto Adige
al Reich. Questo servì a ben poco, e ancora meno la proposta fatta
durante la guerra di trasferire i sudtirolesi in Crimea, proposta
della quale si parla nelle Conversazioni
segrete di Hitler in data 2 luglio 1942. La nuova
costituzione italiana del 1847 concesse l’autonomia alla regione,
ma questa controversia italo-austriaca, che tormentata tanto
Hitler, è ancora molto viva.
Vedi
il riferimento alla distruzione della torre di Bismarck a
Brimberga, episodio avvenuto all’inizio di maggio del 1928 e il
riferimento più lungo all’articolo di William J. Flynn pubblicato
il 2 giugno dalla rivista Liberty e
riportato dalle Munchener Neuesten
Nachricten il 26 giugno 1928.
L’informazione
riguardante il dattiloscritto e le circostanze del momento della
sua dettatura proviene dalla edizione tedesca di questo libro, Hitlers Zweites Buch, pubblicata dall’Insitut fur Zeitgeschichte tedesco
(Deutsche Verlags-Anstalt, Stoccarda, 1961) con l’introduzione di
Hans Rothfels e commentato da Gerhard L. Weinberg. L’istituto ebbe
l’informazione da Berg e il signor Weinberg rintracciò il
documento stesso nell’United States Records Center di Alexandria
in Virginia.
Conversazioni segrete di Hitler. Questo
brano esiste in Mein Kampf ma non in
quest’opera.
Conversazioni segrete di Hitler, 7
gennaio 1942.