IL LIBRO SEGRETO

 

 

Autore:   ADOLF HITLER

 

Traduzione pubblicata nel 1962.

 

 

– – –

 

SOMMARIO

 

Introduzione.

 

PREFAZIONE
- La questione del Sud Tirolo.
- Cecità dei nazionalisti borghesi.
- L’Italia, non la Francia, come alleata auspicabile.

 

– CAPITOLO        1. GUERRA E PACE
- La storia è la vicenda delle lotte per l’esistenza dei popoli.
- Guerra e pace come sistema per combattere queste lotte.
- Né una né l’altra dovrebbero essere l’unico mezzo.
- Troppe guerre sterminano l'élite.
- Troppa pace porta alla sottomissione e all’emigrazione.

– CAPITOLO 2. LA NECESSITÀ DI LOTTARE
- La conquista territoriale è necessaria per la sicurezza e il sano sviluppo di un popolo.
- Moralità della conquista: nessuno è padrone di una determinata parte della terra.
- Il controllo delle nascite è eugeneticamente errato.
- Il sistema spartano era logico.
- L’aumento della produzione non è utile alla competizione.
- Il commercio d’esportazione scompare quando le altre nazioni si modernizzano.
- Necessità della lotta.

 

CAPITOLO 3. RAZZA E VOLONTÀ NELLA LOTTA PER IL POTERE
- Le armi a disposizione non danno la misura della forza nazionale.
- La volontà nazionale è il fattore decisivo.
- Il vecchio esercito tedesco come fonte della volontà e della disciplina del popolo.
- Il sangue e i valori popolari sono superiori all’atteggiamento internazionale.
-
La dittatura è superiore alla democrazia di massa.

 

CAPITOLO 4. ELEMENTI DI POLITICA ESTERA
- Bisogna imparare dal passato.
- Forgiare gli strumenti per passare a una fruttuosa politica estera tedesca. - Le idee giuste non hanno valore se non vengono messe in atto
- La Lega pangermanica.
- Necessità di osare.
- Le iniziative politiche pericolose devono essere prese senza limitazioni.
- Spezzare la cerchia dei nemici della Germania.

 

CAPITOLO 5. POLITICA ESTERA NAZIONAL SOCIALISTA
- L’NSDAP è socialista e nazionalista.
- I nazionalisti borghesi mirano a ristabilire le frontiere germaniche di prima della guerra.
- La politica estere dell’NSDAP mira all’espansione territoriale e a radunare i tedeschi sotto la sovranità germanica.
- Il popolo come base della politica.

 

CAPITOLO 6. NECESSITÀ E SCOPI DELLA GERMANIA
- Bisogno di alleanze per raggiungere gli scopi germanici.
- I confini germanici sono insoddisfacenti economicamente e militarmente.
- Necessità del
Lebensraum.

 

CAPITOLO 7. POLITICA DEL SECONDO REICH
- Mancanza di scopi nazionali dopo Bismarck.
- La democrazia è responsabile dell’errore.
- Gli scopi avrebbero dovuto essere quelli di annettere le zone germaniche dell’Europa.
- Inettitudine dell’impero asburgico.
- La parte germanica del Sud Tirolo sarebbe oggi territorio germanico se fosse stata seguita una politica territoriale.
- I centri cattolici e i social democratici ebraici hanno impedito la politica territoriale.
- Inutilità della Triplice Alleanza per la Germania.
- Distruzione del germanesimo nell’Austria Ungheria.
- Arroganza cecoslovacca.
- Fu un errore non concedere appoggio all’Italia per Tripoli.
- L’Italia non può opporsi all’Inghilterra.
- L’Austria soltanto ha tratto vantaggio dalla triplice alleanza.
- La politica coloniale germanica errata ha condotto al conflitto con l’Inghilterra.
- La Russia è la zona adatta all’espansione germanica.

 

– CAPITOLO 8. POTERE MILITARE E FALLACIA DELLA RESTAURAZIONE DEI CONFINI
- Assenza di scopi germanici nella guerra mondiale.
- Lo scopo avrebbe dovuto essere territoriale: terra ai contadini combattenti.
- Declino del “vecchio” esercito.
- Deficienze dell’esercito mercenario di oggi.
- Bismarck e la guerra preventiva.
- Livello territoriale germanico come doppia potenza.
- L’America ha spostato l’equilibrio delle potenze.
- La
Reichswehr trasformata in forza di polizia interna.
- Necessità di uno spirito nazionalistico.
- Esercito e popolo devono essere vicini.
- La politica di restaurazione dei confini precipita nella coalizione delle nazioni vincitrici.
- Scopo insoddisfacente.
- Vuoti discorsi di “onore nazionale” dei patrioti di birreria.
- I criminali di novembre.

 

CAPITOLO 9. NESSUNA SPERANZA DA UNA SOLUZIONE ECONOMICA.
- Oggi la Germani è impotente a difendere il proprio onore e i propri confini.
- L’aumento della produzione non è una soluzione.
- L’Inghilterra non tollererebbe una concorrenza commerciale.
- L’emigrazione non è una soluzione.
- Le quote americane di immigrazione.
- Il paneuropeismo non è una soluzione perché porta alla perdita dei valori popolari.
-
I valori americani si basano su gruppi predominanti della stessa razza.

 

CAPITOLO 10. NECESSITÀ DI UN’ATTIVITÀ POLITICA ESTERA.
- La neutralità come politica vuol dire che un’altra nazione vince.
- Auspicabilità di una azione.
- Inutilità della Lega delle Nazioni.
- La potenza americana è il risultato dell’intervento nella guerra mondiale.
- L’Italia giustificata per il suo abbandono della Triplice Alleanza.

 

– CAPITOLO 11. GERMANIA E RUSSIA.
- Le alleanze franco-russa e anglo-francese assediano la Germania.
- Confini germanici non difendibili.
- Vulnerabilità delle città tedesche agli attacchi aerei.
- L’alleanza con la Russia sarebbe catastrofica.
- La Francia è sempre il nemico.
- Lo scopo della Russia sovietica è l’avvelenamento della Germania.
- Gli ebrei hanno distrutto il nazionalismo russo.
- L’alleanza russo-germanica vorrebbe dire l’invasione della Germania da Occidente senza aiuti dalla Russia.
- L’alleanza con la Russia impedirebbe l’espansione germanica attraverso la conquista di territori russi.
- Gli slavi non hanno la capacità di “formare stati”.
- Gli ebrei dominano la Russia.

 

– CAPITOLO 12. POLITICA ESTERA GERMANICA.
- Otto principi.

 

– CAPITOLO 13. SCOPI DELLA GERMANIA.
- L’inazione è pericolosa.
- La pacifica
espansione economica non è una soluzione.
- La politica di restaurazione dei confini è futile.
- Necessità di una politica popolare territoriale.

 

CAPITOLO 14. L’INGHILTERRA COME ALLEATA.
- Valori razziali inglesi.
- Colonie.
- L’Inghilterra non è ostile al potere continentale ma è ostile ai rivali commerciali e navali.
- Guglielmo II sprecò le risorse nella flotta germanica.
- Avrebbe potuto stabilire un accordo con l’Inghilterra.
- Oggi l’Inghilterra è minacciata dalla Francia sul continente, dall’America sui mari e dalla Russia in Asia.
- L’ebraismo è un pericolo per un’alleanza anglo-germanica.

 

CAPITOLO 15. L’ITALIA COME ALLEATA.
- L’Italia ha vantaggi come alleata germanica.
- Mussolini e i valori razziali.
- Bisogna dimenticare l’Italia come nemica nella guerra mondiale.
- L’Italia è nemica naturale della Francia e alleata naturale dell’Inghilterra.
- La Germania avrebbe dovuto anche abbandonare l’Austria-Ungheria.
- Cecità dei nazionalisti borghesi ostili all’Italia e a Mussolini.
- Sud Tirolo.
- Gli ebrei usano il Tirolo come mezzo per creare ostilità tra Germania e Italia.
- I tedeschi dell’Alsazia, della Polonia eccetera, sono importanti come quelli del Sud Tirolo.
- Consiglio a Mussolini.
- I veri colpevoli per quel che riguarda il Sud Tirolo.
- L’articolo di William J. Flynn sulla stupidità di Von Bernstorff.

 

CAPITOLO 16. RIASSUNTO.
- L’Italia come alleata della Germania.
- L’Inghilterra e forse l’Ungheria e la Spagna come alleate della Germania.
- Gli ebrei responsabili della sconfitta germanica nella guerra mondiale.

 

 

– – – – – – –

 

 

INTRODUZIONE

 

 

“La politica è la fabbricazione della storia”, dichiarò Adolf Hitler nel 1928, quando incominciò a dettare il primo capitolo di quest’opera a Max Amann. Anche se il pensiero non era certo originale, nessun altro aveva miglior diritto di enunciarlo, per quanto poco ci si rendesse conto al momento di questo fatto. Alcuni anni dopo la politica di Hitler era diventata l’essenza di un’epoca storica, nelle cui conseguenze l’umanità annaspa ancora oggi.

Questo scritto scomparso da tanto tempo è il secondo libro di Hitler o meglio, se vogliamo contare separatamente i due volumi di Mein Kampf, è il terzo. Nell’insieme è un’elaborazione delle idee sulla politica estera tedesca come furono espresse nel secondo volume del Mein Kampf; negli avvenimenti politici dell’ultima parte degli anni Venti troviamo le ragioni per le quali questo libro è stato scritto e anche la spiegazione della sua eliminazione da parte dell’autore.
Come è risaputo, Hitler scrisse la maggior parte del primo volume del Mein Kampf nella prigione di Landsberg-am-Lech dov’era recluso dopo il fallito Putsch della birreria di Monaco, nel novembre del 1923. Hitler ben presto incominciò a dettare ai suoi accoliti, Emil Maurice e Rudolf Hess, che si trovavano in prigione con lui. Nel dicembre 1924 venne messo in libertà vigilata e immediatamente si accinse a ricostruire il partito nazista. Ma il suo violento discorso di Monaco, il 27 febbraio 1925, fece sì che le autorità gli vietassero di prendere parola in pubblico. Questa proibizione limitò un poco le sue attività politiche, ma gli diede più tempo per riflettere e per dettare a Hess. Il primo volume del Mein Kampf fu pubblicato nell’autunno del 1925 e il secondo nel dicembre del 1926.
dal punto di vista commerciale il libro non fu assolutamente un immediato successo commerciale. Max Amann, capo della Eher Verlag (la casa editrice che pubblico il Mein Kampf), proclamò di averne venduto 23.000 copie durante il primo anno, ma si sa ora che le copie veramente vendute nel 1925 furono meno di 10.000, meno di 7.000 nel 1926, appena 5.600 nel 1927 e soltanto 3.015 nel 1928. Pomposo nello stile ed esasperante per le sue ripetizioni, il libro conteneva ben poche notizie sul Putsch della birreria e sulle altre pittoresche avventure che, nella speranza di Amann, avrebbero potuto interessare i lettori.
Perché Hitler ritentò l’impresa come scrittore, meno di due anni dopo aver terminato
Mein Kampf? Troviamo la risposta nella lenta diffusione del movimento nazista durante l’ultima parte degli anni Venti, e nella natura delle critiche che i suoi insegnamenti provocavano da parte di quelli che Hitler chiamava circoli “borghesi nazionali” (burgerlich nationalen).
Tra la nascita del Mein Kampf nel 1924 e la primavera del 1928, in Germania erano accadute molte cose. Friedrich Ebert, primo presidente delle Repubblica di Weimar, era morto all’inizio del 1925 e il suo successore era il venerando e venerato eroe e simbolo dell’
ancien regime, Paul von Hindenburg. La politica di riconciliazione di Gustav Streseman aveva dato i suoi frutti col Patto di Locarno, con la fine della Commissione interalleata di controllo, con la graduale evacuazione alleata dalla Renania e con l’ammissione della Germania alla Lega delle Nazioni. La disastrosa inflazione monetaria del 1923 aveva fatto il suo corso e la Germania attraversava quel breve momento di prosperità e di bonarietà che doveva finire nel 1929. durante questi anni la vita era tollerabile per la maggior parte dei tedeschi e bella per molti, e di conseguenza le cose andavano male per le fortune politiche di Adolf Hitler e per il partito nazista.
Però, anche se questo fu un periodo di magra per lui, Hitler non sprecava certo il suo tempo. Al contrario stava creando rivalità di partiti attivamente e con successo, consolidava il proprio controllo e riorganizzava la struttura del suo partito. Aveva abbandonato l’idea di impadronirsi del potere con un vero e proprio Putsch, e aveva impegnato il partito in una attività strategica di propaganda e di pressione, allo scopo di ottenere il successo nelle elezioni. Nonostante la scarsità di scontento popolare sul quale far leva, il numero dei membri del partito nazista salì dai 17.000 del 1926 ai 40.000 del 1927. Nelle elezioni del maggio 1928 il partito ottenne 850.000 voti su 30 milioni e più di votanti e si guadagnò 12 dei 491 seggi al Reichstag.
Era un inizio, ma non molto di più, e nel 1928 Hitler era profondamente preoccupato per l’evidente scarso successo popolare del suo partito.
Poiché il partito era antisemitico e nazionalista, Hitler sapeva (come dice nella prefazione a questo libro) che sarebbe riuscito a fare ben poca impressione “su coloro che, in conseguenza del loro atteggiamento filosofico e politico, mi consideravano già come il loro più violento nemico”, e senza dubbio intendeva i comunisti, i social democratici e i moderati del centro cattolico.
Ma Hitler era convinto, e a ragione, come avrebbero ben presto dimostrato gli eventi, che fosse possibile trovare una strada più efficacemente attraente per i circoli conservatori, danarosi e nazionalisti. Poiché il suo partito era “socialista” e continuava, almeno a parole, a sostenere una politica economica favorevole agli “operai”, il suo appello, per essere bene accolto dai conservatori, doveva trattare genericamente di politica estera. Questo spiega il contenuto ed il peso del libro.
Anche se politicamente calcolato, questo atteggiamento era del tutto sincero. Qualsiasi fossero gli altri suoi difetti, Hitler non si sottovalutava mai, teneva in massima considerazione la propria abilità come uomo di Stato e su di essa concentrava i pensieri e le energie. Proprio per questa ragione gli attacchi dei “borghesi nazionali” al suo programma di politica estera erano quelli che maggiormente rendevano furioso Hitler. Quelli erano uomini, così egli pensava, che condividevano molti dei suoi stessi scopi patriottici ed espansionistici. Com’era infernale la loro stupidità nel non seguire le loro iniziative! Più dettava più si infuriava, e così il libro diventò rapidamente una feroce denuncia proprio di quei circoli ai quali il suo appello era rivolto.
Nel 1928 la questione del Sud Tirolo
1, era una spina particolarmente dolorosa nella carne nazista. All’inizio degli anni venti l’atteggiamento del governo italiano verso la popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige era stato abbastanza liberale. Ma con l’avvento di Mussolini e del fascismo, venne adottato un programma repressivo di italianizzazione, e come reazione, un’ondata di “irredentismo” austriaco si sollevò non soltanto in quella zona e nel Sud Tirolo, ma anche in Germania. I sentimenti anti-italiani erano particolarmente forti in Baviera, dove nacque un movimento di boicottaggio delle merci italiane. Nel febbraio del 1926 Mussolini fece un vigoroso discorso, denunciando i suoi critici tedeschi e minacciando rappresaglie.
Due anni dopo vi fu una recrudescenza di ostilità, perché la lingua italiana venne introdotta nel Sud Tirolo per l’istruzione religiosa. Un discorso molto pungente del cancelliere austriaco (Ignaz Seipel) provocò il richiamo del ministro plenipotenziario italiano a Vienna da parte di Mussolini. Nel marzo del 1928 questi avvenimenti provocarono dibattiti pubblici e diffusi commenti della stampa in Germania.
Tutto questo metteva Hitler in una situazione difficile. Nel Mein Kampf aveva cantato le lodi di Mussolini e sostenuto una politica di stretta alleanza germanica con l’Italia e anche con l’Inghilterra. E sempre nel Mein Kampf si era dato una gran pena per spiegare che la faccenda del Sud Tirolo era soltanto un “trucco ebraico” escogitato con lo scopo specifico di denigrare Mussolini e impedire una rappochement italo-germanico. Però le acque non si calmarono e nel 1927 Hitler venne duramente attaccato in una lettera aperta della “Società Popolare Germanica per il Sud Tirolo”.
Inutile dirlo, per Hitler fu doppiamente irritante essere attaccato da parte “popolare” e nazionalista come “molle” in una faccenda dell’irredentismo germanico. Questa storia continuava a ricomparire nei momenti più impensati; la controversia Mussolini-Seipel scoppiò poco dopo le elezioni tedesche del 20 maggio 1928. Hitler parlò a Monaco, il 19 maggio, e ripeté l’accusa contro gli ebrei e i marxisti che sfruttavano il problema del Sud Tirolo. Il giorno dopo (quello delle elezioni) i social democratici di Monaco distribuirono manifestini nei quali accusavano Hitler e l’ex generale Franz Ritter von Epp (candidato nazista al Reichstag) di aver accettato l’aiuto finanziario di Mussolini come ricompensa per il loro atteggiamento nella questione del Sud Tirolo.
Considerando tutte queste cose, la continua preoccupazione di Hitler per questa faccenda è comprensibile.
È dimostrato che il libro è stato scritto tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate 1928. Il Sud Tirolo viene nominato nella terza frase della prefazione; se ne parla in tutto il libro ed è argomento di larga discussione nel penultimo capitolo, che arriva al vertice della sua denuncia nell’elaborato elenco di coloro i quali, secondo Hitler, erano i veri colpevoli del “tradimento” del Sud Tirolo2.
Possiamo dire senza timore di sbagliare che il problema del Sud Tirolo fu la causa immediata che spinse Hitler a scrivere questo libro. Ma naturalmente non fu l’unica. In Germania, con la prosperità, i problemi interni economici e sociali avevano perduto un po’ della loro importanza. Nel 1927 e nel 1928 le prime pagine dei giornali discutevano di questioni quali le riparazioni tedesche, il patto di “pace” Kellogg-Briand, i diritti delle minoranze tedesche in altri paesi e i rapporti tedeschi con l’Unione Sovietica. La politica di Stresemann e i suoi rapporti con Aristide Briand spingevano la Germania verso “l’internazionalismo” e la decisione di seppellire l’ascia nei confronti della Francia; il trattato di Berlino (firmato da Stresemann e da Krestinski nell’aprile del 1924) confermava la politica amichevole nei confronti dell’Unione Sovietica stabilita nel trattato di Rapallo.
Hitler era violentemente ostile a tutte e due queste tendenze. Per Hitler la Francia era un’implacabile nemica, la Russia la terra promessa per il Lebensraum tedesco e l’internazionalismo ginevrino un trucco e un’illusione insieme. Alleandosi con l’Inghilterra e con l’Italia, la Germania avrebbe potuto riguadagnare la sua forza e imbarcarsi in un programma di conquiste territoriali vi et armis. Questo libro è stato scritto per esporre tali idee e conquistare l’appoggio dei circoli “nazionalisti”.
E allora perché non è mai stato pubblicato? Qui siamo nel campo delle supposizioni. È dimostrato che Hitler dettò almeno una parte dell’opera nel maggio del 1928
3, e una parte di essa è identica a un discorso pronunciato da Hitler a Berlino, il 13 luglio 1928. il dattiloscritto sembra una prima stesura, dettata direttamente dalla dattilografia, e le correzioni dattiloscritte sembrano apportate contemporaneamente alla dettatura. L’originale del Mein Kampf venne corretto e modificato prima della pubblicazione. In questo caso invece mancano tracce di correzione e di revisione e si può perciò pensare che quest’opera sia stata messa da parte dopo essere stata pubblicata.
Altre notizie sulle circostanze del momento sono state fornite da un certo Josef Berg, ex impiegato della casa editrice nazista, Eher Verlag. Secondo Berg, Hitler dettò il testo direttamente a Max Amann e ne vennero
fatte due copie, delle quali soltanto una è stata ritrovata. Hitler diede ordine severissimo che l’opera fosse mantenuta segreta e nel 1935 Berg mise il dattiloscritto in un rifugio antiaereo. Nel 1945 il documento venne sequestrato a Berg da un ufficiale americano, per poi rimanere nascosto nella montagna di documenti tedeschi sequestrati, dal 1945 al momento in cui venne ritrovato ed identificato, nel 19584.
Il fatto che, come dice Berg, Hitler abbia ordinato di nascondere quest’opera, sembra molto probabile, perché si sa di un solo accenno in proposito fatto dal suo autore. In uno dei molti monologhi pronunciati nel suo quartier generale sul fronte orientale, il 7 febbraio 1942 Hitler osservò: “Nel 1925 scrissi in Mein Kampf (e anche in un libro non pubblicato) che il giudaismo mondiale vedeva nel Giappone un nemico al di là della sua portata”5.
È probabile che la ragione per la quale Hitler abbandonò decisamente il prodotto del suo cervello fosse commerciale. Come abbiamo già visto, Mein Kampf non si vendeva molto bene; e il 1928 fu veramente l’anno peggiore sul mercato. Max Amann era un uomo abile negli affari e molto probabilmente non contemplava con entusiasmo l’idea di laniare questa lunga diatriba, senza parti narrative per alleggerirne la noia, soprattutto perché Mein Kampf si vendeva così poco.
Questi fatti possono spiegare molto bene perché il libro non fu pubblicato, ma non ne spiegano il suo seppellimento segreto. Probabilmente la ragione per la quale fu nascosto si ritrova negli avvenimenti politici che seguirono. Il documento sopravvisse di molto ai suoi scopi come erano concepiti inizialmente.
La controversia del Sud Tirolo si calmò durante l’estate del 1928 e Hitler molto probabilmente pensò che sarebbe stato peggio che inutile trascinare la discussione su un problema nei cui confronti lui stesso e il suo partito erano sulle difensive. Ben presto si presentarono nuovi problemi, come il nuovo piano per i futuri pagamenti delle riparazioni tedesche, che richiedevano la revisione del testo, ormai superato.
E forse, ragione più importante, Hitler incominciò ad ottenere l’appoggio proprio di quei circoli “borghesi nazionali” che venivano così ferocemente condannati nel libro. Evidentemente Hitler aveva ben altre cose da fare che non dedicarsi alla revisione del testo e nello spazio di pochi anni arrivò al potere e non ebbe più bisogno di libri per i suoi scopi finanziari e politici. E così il dattiloscritto scomparve negli archivi segreti dai quali è stato ora riesumato dalla tenacia e dalla curiosità degli studiosi.

A questo punto rimane da valutare l’opera come documento storico.
Non contiene nessun nuovo importante argomento ed è logico, poiché fu evidentemente concepito allo scopo di riaffermare ed elaborare gli insegnamenti di politica estera contenuti in Mein Kampf. Di fronte alle esigenze pratiche della politica di Stato, Hitler poteva modificare, correggere e capovolgere il suo atteggiamento, come fece nel suo patto del 1939 con Stalin e come fece, in modo meno sensazionale, nascondendo questo libro. Ma il suo scopo nel compilarlo era di riaffermare quel che aveva già detto, edè perciò naturale che tutti i punti più importanti delle sue dichiarazioni in questo libro si trovino anche in Mein Kampf.
Tuttavia questo libro non è soltanto una ripetizione degli scritti anteriori, ed è nei particolari, nelle spiegazioni e nelle sfumature che sta il suo principale valore storico. Sono particolarmente interessanti le discussioni sulla Russia, sugli Stati Uniti d’America e sull’esercito tedesco.
Le considerazioni sulla Russia sono specialmente significative per quello che Hitler non dice. La collaborazione militare e diplomatica con l’Unione Sovietica era stata una parte fondamentale della politica del generale Von Seeckt fin dal 1920, e nel 1922 venne manifestata apertamente nel Trattato di Rapallo. Nella massima segretezza Seeckt iniziò poi lo sfruttamento dei rapporti amichevoli per varie imprese militari che in base al Trattato di Versailles non potevano essere eseguite in Germania. In Russia vennero istituite scuole per l’addestramento di piloti e di carristi e una marea di ufficiali tedeschi andò nell’Unione Sovietica per imparare l’uso di queste e di altre armi vietate nel Trattato di Versailles.
Nel dicembre del 1926, mentre compariva il secondo volume di
Mein Kampf, Philip Scheidemann, social democratico, fece un discorso al Reichstag denunciando molte di queste attività segrete e attaccando violentemente la Reichswehr. I deputati nazionalisti denunciarono Scheidemann come traditore e lasciarono l’aula in massa. Durante tutto il 1927 le attività clandestine per il riarmo della Reichswehr rimasero in discussione, e nel gennaio del 1928 provocarono le dimissioni di Otto Gessler da Ministro della Difesa.
Questi avvenimenti devono essere stati di un interessa appassionante per Hitler, e tuttavia in questo libro non se ne fa cenno. Ma non occorre andar lontano per trovarne la ragione. Come nazionalista e supercritico di Versailles, Hitler non poteva certamente allearsi con Scheidemann o aderire alla denuncia dei liberali nei confronti dello sfruttamento militare segreto dei rapporti con la Russia. Tuttavia l’atteggiamento della Russia era in netto contrasto con le violente invettive di Hitler contro i “bolscevichi giudaici” e con la sua scelta della Russia come campo per le future conquiste della Germania.
Questi fatti senza dubbio spiegano la voluta delicatezza di Hitler nell’affrontare la questione russa, come quando dice: “Tra noi, in Germania, ancora oggi vi sono uomini di buona volontà e di coscienza nazionale che credono in tutta sincerità nella necessità di una nostra associazione con la Russia”. E spiegano anche le strane e contorte caratteristiche degli argomenti usati da Hitler.
Questi argomenti culminano nel fantastico brano nel quale Hitler sostiene la teoria che “la Russia di oggi non è affatto uno stato anticapitalista” ma “un paese che ha distrutto la propria economia nazionale… allo scopo di dare al capitale internazionale la possibilità di un controllo assoluto”. A quanto sembra, secondo il punto di vista di Hitler, gli ebrei che, sempre secondo Hitler, governavano la Russia, avevano creato di proposito un vuoto economico nel quale il “capitale finanziario internazionale” controllato dagli ebrei poteva inserirsi e, per mezzo di prestiti, concessioni economiche e supervisione internazionale, fare in modo che l’economia russa cadesse sotto il controllo internazionale. I circoli governativi in Russia, concludeva Hitler, potevano avere soltanto uno scopo in Germania: “continuare l’avvelenamento bolscevico” e ottenere”il completo controllo ebraico in Germania, proprio come in Russia”.
Anche considerando la possibilità che gli ebrei
fossero “espulsi” dal regime russo e sostituiti da un “elemento nazionale russo”, Hitler continuava a non trovare nulla che potesse raccomandare un’alleanza russo-tedesca. La Russia, egli pensava, non poteva rappresentare un aiuto militare nel caso che la Francia attaccasse la Germania, giudizio che non coincide certo con la sua precedente analisi del potere della Francia, a suo dire basato in parte sulle sue alleanze con la Polonia e con la Cecoslovacchia che “soffocavano” la Germania.
Però la sua teoria, e cioè che “gli slavi mancano di forze atte a formare uno Stato”, è più fondamentale. La passata grandezza russa era opera dei tedeschi del Baltico, dichiarava Hitler, e un regime nazionale veramente slavo in Russia avrebbe ben presto finito “per soccombere alla disintegrazione come Stato”.
Anche se queste idee appaiono strane alla luce dei fatti, nel 1961, non mancavano di un certo fascino per i borghesi tedeschi del 1927, molti dei quali erano convinti che gli slavi fossero un popolo inferiore e avevano ascoltato grandi studiosi come Treitschke dichiarare che “
ogni dragone che colpisce un croato fa per la causa tedesca molto più di quanto non faccia la miglior mente politica che abbia mai brandito una penna decisa”.
Le osservazioni sull’esercito tedesco sono meno volute e più rivelatrici della natura sociale di Hitler. Spesso è stato detto che Hitler provava odio e diffidenza per il carattere aristocratico e ascetico del corpo degli ufficiali tedeschi, ma questo non è vero. In
Mein Kampf cantava le lodi dell’esercito imperiale, “una istituzione unica” che era “la scuola più possente della nazione tedesca”, alla quale il popolo tedesco doveva “tutto”.
In questo libro ne parla sullo stesso tono e il “vecchio” esercito viene definito “la più splendida (
grandioseste) organizzazione del mondo” e “vivaio” di tutte le virtù germaniche. In questo caso però abbiamo severe condanne della “corrosione” che dilaga, provocata dal matrimonio di “ufficiali, persino di nobile lignaggio” con “ebree, persino figlie di negozianti”.
Più oltre la Reichswehr è descritta come “esercito mercenario… sceso al livello di polizia, armata di speciali armi tecniche”.
Questa ultima osservazione rivela il risentimento che Hitler provava contro la
Reichswehr per la parte da essa rappresentata nella repressione del suo Putsch del 1923, e prelude alla sua fermezza, una volta arrivato al potere, nell’escludere la Wehrmacht dalle attività politiche, affidate alle SS e alla Gestapo di Heinrich Himmler. Queste frasi rivelano inoltre che Hitler non disprezzava, ma invidiava il nobile lignaggio e l’educazione aristocratica e che in seguito rimbrottò gli ufficiali non perché erano troppo simili a quel che egli immaginava fossero stati ai tempi di Moltke e di Schlieffen, ma perché lo erano troppo poco.
Gli Stati Uniti d’America appaiono in queste pagine sotto una luce molto più favorevole che non in qualsiasi altra dichiarazione nota di Hitler. In
Mein Kampf li aveva descritti come “un gigantesco colosso di Stati con un’enorme ricchezza nel suo suolo vergine”. In questo libro, mentre discute contro il “paneuropeismo”, rende omaggio all’America in termini razziali, come paese che “sente di essere uno Stato nordico germanico e non certamente un miscuglio internazionale di popoli”. Il crescente potere dell’America è qui il fattore sul quale Hitler conta soprattutto, perché agisca come stimolo per un’alleanza britannica con la Germania. Ben diversi furono i suoi commenti dopo Pearl Harbor, quando descrisse l’America come “un paese decadente” senza “un avvenire”, “per metà giudaicizzato e per l’altra metà negrificato”6.
È logico che le parti più interessanti di quest’opera trattino
di questi tre argomenti, perché la Wehrmacht, la Russia e gli Stati Uniti furono le cause dei più sensazionali errori di Hitler, fatali alle fortune del Terzo Reich.
Il corpo degli ufficiali tedeschi era probabilmente l’unico gruppo che avrebbe potuto far precipitare Hitler dopo la sua ascesa al potere. Non lo fece, e alla fine fu Hitler a spezzare la forza e lo spirito di quel corpo.
Corruppe e terrorizzò i suoi capi a un punto tale da minarne gravemente le capacità strategiche, e poi assegnò alla Wehrmacht compiti (guerra in Gran Bretagne e in Africa) e la trascinò in campagne (la battagli della Gran Bretagna e la guerra nel deserto) per i quali essa non aveva la potenza navale e aerea necessaria al successo.
Hitler attaccò la Russia non tanto per procurarsi il suo
Lebensraum apertamente desiderato, quanto perché era l’unico bersaglio alla portata del suo esercito e sperava che la disfatta russa avrebbe scoraggiato gli inglesi e li avrebbe costretti a scendere a patti. Sbagliò completamente a giudicare il nuovo nemico, perché credette debolezza quel che era forza e perché agì ancora nell’errata convinzione, espressa in queste pagine, che gli slavi non possono costruire uno Stato. E invece lo Stato sovietico si dimostrò solido anche quando le sue truppe furono circondate e decimate o respinte verso l’interno. Una illuminata politica di occupazione forse avrebbe potuto rappresentare l’arma più efficace della Germania contro il regime sovietico, ma anche questa possibilità venne a meno a causa della mitologia nazista. Alla fine Hitler si trovò con la maggior parte della sua arma più efficace, l’esercito, impegnata a fondo in Russia, mentre gli altri nemici univano le forze per assalirlo a ovest.
In tutti i suoi scritti di quell’epoca, negli anni Venti, Hitler condanna i capi della Germania imperiale dopo Bismarck per essersi legati in un’alleanza peggio che inutile con l’Austria-Ungheria e per aver osteggiato inutilmente la Gran Bretagna. Però Hitler aveva una straordinaria tendenza a ripetere, come uomo di Stato, gli errori che sottolineava in tono tanto caustico come storico. Quante volte Hitler dice qui che l’Italia non poteva permettersi il conflitto con la Gran Bretagna? Eppure nel 1940 Hitler affrontò l’Inghilterra proprio con questa alleata, l’Italia, che avrebbe fatto uso delle risorse tedesche senza contribuire in nessun modo alle campagne decisive. Quante volte Hitler inveì contro la stupidità di coloro che avevano trascinato la Germania in una guerra su due fronti, tanto lunga che il “colosso” americano aveva finito per unirsi ai nemici della Germania? E fu proprio così che il Terzo Reich arrivò alla sua sanguinosa, disastrosa fine.
Per questa ragione, se lo si legge alla luce dei fatti avvenuti negli anni seguenti, il libro che Hitler scrisse nel 1928 apparirà interessante per qualsiasi lettore e non soltanto per gli studiosi. Hitler non era un uomo saggio e gli mancavano l’energia, la stabilità e la capacità di concentrazione necessarie a raggiungere i suoi scopi. Ma benché contorta, la sua capacità di vedere era penetrante; al di là dei discorsi e dei titoli, riusciva a vedere cause e rapporti che altri non vedevano. Forse più di ogni altro uomo in questo secolo, Hitler riuscì a trasformare i suoi pensieri in avvenimenti e perciò questa raccolta dei suoi pensieri nell’anno precedente la sua salita al potere, possiede un fascino e un interesse particolari.

T.T.

– – –

 

 

1La parte del Tirolo a sud dei passi alpini, che abbraccia la zona prevalentemente di lingua tedesca intorno a Bolzano, nota come Alto Adige, e più a sud il Trentino, di lingua italiana. Le due zone erano state sotto il dominio austriaco del Congresso di Vienna del 1815 fino al 1919, quando l’intero Sud Tirolo venne dato all’Italia in virtù del trattato di Saint Germain. La popolazione di lingua tedesca dell’Alto Adige ammontava a circa 215.000 persone.

2Fedele ai suoi principi dichiarati, quando Hitler andò al potere concluse l’Anschluss con l’Austria e, come parte del prezzo, rinunciò alle pretese tedesche sul Sud Tirolo, dichiarando a Mussolini che il passo del Brennero avrebbe continuato a segnare il confine tra Germania e Italia. In seguito i due dittatori cercarono di comune accordo di risolvere il problema incoraggiando l’emigrazione dei tedeschi dall’Alto Adige al Reich. Questo servì a ben poco, e ancora meno la proposta fatta durante la guerra di trasferire i sudtirolesi in Crimea, proposta della quale si parla nelle Conversazioni segrete di Hitler in data 2 luglio 1942. La nuova costituzione italiana del 1847 concesse l’autonomia alla regione, ma questa controversia italo-austriaca, che tormentata tanto Hitler, è ancora molto viva.

3Vedi il riferimento alla distruzione della torre di Bismarck a Brimberga, episodio avvenuto all’inizio di maggio del 1928 e il riferimento più lungo all’articolo di William J. Flynn pubblicato il 2 giugno dalla rivista Liberty e riportato dalle Munchener Neuesten Nachricten il 26 giugno 1928.

4L’informazione riguardante il dattiloscritto e le circostanze del momento della sua dettatura proviene dalla edizione tedesca di questo libro, Hitlers Zweites Buch, pubblicata dall’Insitut fur Zeitgeschichte tedesco (Deutsche Verlags-Anstalt, Stoccarda, 1961) con l’introduzione di Hans Rothfels e commentato da Gerhard L. Weinberg. L’istituto ebbe l’informazione da Berg e il signor Weinberg rintracciò il documento stesso nell’United States Records Center di Alexandria in Virginia.

5Conversazioni segrete di Hitler. Questo brano esiste in Mein Kampf ma non in quest’opera.

6Conversazioni segrete di Hitler, 7 gennaio 1942.